Le Ecloghe di Egidio da Viterbo
Nuova pubblicazione
Sono state pubblicate la trascrizione e la traduzione in italiano delle tre Ecloghe di Egidio da Viterbo, a cura di Jacopo Rubini, ed. Sette Città.
Il libro è acquistabile in formato ebook al seguente indirizzo:
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Egidio Antonini (meglio noto come Egidio da Viterbo) è una delle più rilevanti personalità del Rinascimento romano e italiano. Fu teologo, predicatore, filosofo, poeta, oratore, esoterista e cabalista, nonché frate dell’Ordine Agostiniano. Nel corso del suo priorato generale della Congregazione, che ricoprì per ben tre mandati consecutivi, Martin Lutero, appartenente al suo stesso Ordine, affisse le famose Tesi, che dettero inizio alla Riforma Protestante e allo scisma con la Chiesa di Roma. Fedelissimo alla causa cattolica, fu tuttavia uno dei punti di riferimento dell’ala riformista e conciliarista in seno alla Curia e divenne uomo di fiducia dei papi Giulio II (per il quale ricoprì il ruolo di predicatore apostolico) e Leone X: numerose furono le delicate missioni diplomatiche di cui si rese protagonista nel corso della sua vita. Punto di riferimento per molti circoli letterari del tempo e uomo dagli sconfinati interessi culturali, scrisse moltissime opere di varia natura (la maggior parte delle quali ancora inedite).
Delle sue Ecloghe, piccolo gioiello della poesia latina rinascimentale, vengono forniti per la prima volta una traduzione in italiano e un commento. Le tematiche delle tre Ecloghe sono rispettivamente: La rinuncia al mondo (ecloga senza titolo), La nascita di Cristo (Egloga II de Ortu Domini) e La sua resurrezione (Egloga III in Resurrectione Domini).
Dalla Introduzione di J. Rubini leggiamo:
"Quelle di Egidio sono dunque delle ecloghe o egloghe: si tratta di carmi di carattere bucolico, ovverosia pastorale. Con tale definizione si intendono componimenti poetici il cui sfondo è l'ambiente naturale per di più campagnolo, in cui si muovono e agiscono i protagonisti: pastori idealizzati che nulla o poco hanno a che vedere con la figura reale del pastore, che porta avanti una vita dura e spesso penosa, fatta di stenti e di snervante lavoro fisico. I pastori bucolici, infatti, si distaccano quasi in tutto dalla definizione appena fornita: sono spesso giovani o giovanissimi di bell'aspetto, che in comune con il pastore di tutti i giorni hanno soltanto la mansione di condurre il gregge all'aperto nel corso dei vari cicli di transumanza, attività alla quale, tuttavia, dedicano ben poco del loro tempo, che passano per la maggior parte a riprendersi dalle fatiche del loro lavoro all'ombra degli alberi e al fresco dell'acqua pura delle sorgenti. Nel corso di queste pause, i pastori bucolici si dedicano alla loro attività prediletta: la poesia e il canto, che sfociano spesso in gare all'ultimo verso tra di loro; e proprio nella vittoria dell'alloro poetico consiste il loro maggior vanto".